È quando iniziano ad irrompere, nei Caffè e nei Cabaret le musiche allora chiamate “negre” (perché tale è la musica americana) e la vecchia Europa inizia a ballare non più a ritmo di Valzer e Polka, ma al ritmo del Jazz, che il paesaggio sonoro degli europei inizia a cambiare. L’occupazione degli americani, con la fine
della Seconda Guerra mondiale, fece il resto.
I compositori “alti” si erano sempre nutriti, quale humus, del linguaggio popolare (si citano sempre Schubert e Mahler, ma anche Schönberg a lezione analizzava
i Valzer di Strauss!), che come tale, quindi era patrimonio condiviso dentro e fuori l’accademia. Ora che i vecchi suoni dei violini tzigani e del pianoforte, i vecchi ritmi di quadriglia e di Mazurka vengono messi in cantina, in favore dei più pungenti suoni e ritmi del Jazz, i grandi maestri sentono franare la terra sotto i piedi, perché il mondo sonoro che avevano appreso dentro il Conservatorio, l’accademia, si è dileguato.