Valentina Trovato: Come giustamente ricordavi tu, Richard Strauss scrive questo pezzo negli ultimi quattro anni della sua vita.
Luca Stocco: Sì, forse addirittura ha iniziato a scrivere il Concerto nel ‘46; è probabile che l'idea nasca nel ‘45, come è testimoniato da un aneddoto famosissimo: il brano è stato richiesto da un oboista americano della Philadelphia Orchestra, John De Lancie, che ha conosciuto Strauss poco dopo la sconfitta della Germania nazista nel 1945. L’esercito americano era rimasto in territorio tedesco, come ben sappiamo, e in varie azioni di controllo delle città, sembra che l'oboista americano, allora al servizio dell'esercito USA, incontra il grande compositore tedesco. Non sappiamo se si tratta di una leggenda o di una storia autenticamente vera, però certamente i due si sono incontrati e da questo incontro è nato il Concerto per oboe.
Emanuele Preziati: Io vorrei ritornare all’idea del suono che Richard Strauss aveva dell’oboe, l’oboe viennese, anche perché l’oboe era uno strumento prediletto da Strauss, se pensiamo anche ad altre composizioni mi torna in mente una certa predominanza di questo strumento…
Luca Stocco: Richard Strauss era stato senza alcun dubbio influenzato dal padre, un grande cornista, tanto che lo strumento per cui ha scritto maggiormente è stato senz'altro il corno: due concerti, assoli importanti nelle composizioni sinfoniche e nei grandi poemi sinfonici. E' chiaro che il compositore conosceva molto bene gli strumenti a fiato. Per Strauss era molto evidente che l’oboe era uno strumento cantabile, e conosceva molto bene le tradizioni antiche dell’oboe, soprattutto a Vienna, e le ha riportate nel Concerto per oboe, infatti tante parti del concerto per oboe sono meravigliose suonate con il mio strumento, che si chiama oboe a sistema francese, il sistema più usato in tutto il mondo, però con l’oboe viennese alcune parti del concerto sono sicuramente più precise, non che vengono meglio, è come andare ad un ballo vestito col frac e non con il tight.